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Roberto Van Heugten

Roberto Van Heugten, scrittore emergente con molte pubblicazioni all’attivo, scrive di gioco sulle pagine di Italy4golf, nella rubrica “Lost balls in Italy”.
La narrazione è differente: nelle sue pagine si parla infatti di sport, ma soprattutto di territori e ospitalità.

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Giornata fantastica al Franciacorta Golf Club

LOST BALLS IN ITALY – DI ROBERTO VAN HEUGTEN

Questa è la cronaca di una giornata fantastica al Franciacorta Golf Club. Sedetevi comodamente davanti al monitor, dopo esservi preparati un aperitivo da consumare mentre leggerete queste righe.

Potete scegliere tra il banale popcorn & olive e qualcosa di più elaborato, che so, crostini con fettine di salumeria e scaglie di formaggi delle valli, tutto rigorosamente made in Brescia. Magari aggiungere qualche prelibatezza del nostro sud, pachino seccato e ciliegini di bufala campana, che fanno sicuramente bene allo spirito e al palato.

Qualsiasi sia stata la scelta per il “masticabile”, il bevibile deve essere assolutamente bollicine originali Franciacorta. Questo ve lo metto come obbligo, altrimenti non riuscirete a sentire profumi, suoni e sapori che io ho assorbito oggi, 29 ottobre. Chi non beve vino può abbandonare la lettura e accomodarsi negli spogliatoi.

Mi trovo in uno dei golf storici di Lombardia. Sì, lo è, dato che il Franciacorta Golf Club porta come anno di prima posa il 1927, quando il barone Pizzini decise che portare nei pressi del lago d’Iseo il nostro affascinante sport era cosa buona e giusta. Io non lo so, forse sto fantasticando, ma mi piace pensare che lo fece anche per “pareggiare il conto” con il vicino lago di Garda, che già nel 1912 aveva visto nascere il Bogliaco GC. Facciamo finta che sia andata così…

Come lo conosciamo oggi, il golf Franciacorta è frutto di una revisione recente. Pete Dye e Marco Croze approcciarono nel 1984 un territorio magico, verdissimo e ricco di acqua, spinti dalla intraprendenza di una cordata di imprenditori del vino e dell’edilizia. Nel 1985 consegnarono alle nostre terre il percorso diciotto buche dove tutti noi almeno una volta siamo andati ad ammirare il disegno, gli scenari e l’ordine maniacale con cui tutta la proprietà è condotta.

Per chiudere la biografia del luogo ricorderò la creazione di altre nove buche, nel 2009, denominate Rosè che, unite agli esistenti Brut e Saten, hanno avvicinato il Franciacorta a un concetto più turistico. L’offerta di ventisette buche è infatti in grado di soddisfare tutti i palati golfistici, sia sotto il profilo tecnico che quello del puro divertimento.

E oggi ve lo raccontiamo. Squadra in campo, immediatamente divisa in gruppi disomogenei. Mario a zonzo a far fotografie in alta definizione, io sui due percorsi “storici” a fabbricare zolle e perdere palline nei boschi, come di consueto. Mi permetto già una nota di redazione agli hcp medioalti (io da tempo immemore sono bloccato sul ventitré): partite con palline in sacca, non fate i fenomeni che “ma tanto una scatolina da tre mi basta e avanza”, oppure “ma sì, tanto ne troveremo lungo il percorso”. No, non solo non troverete niente, ma di sicuro ne perderete di vostre. Uomo avvisato…

La giornata è superlativa. Il cielo è blu pavone, roba non così scontata da queste parti, e i colori dell’autunno dipingono quadri di una natura che i Macchiaioli di fine ottocento non potevano immaginare di realizzare, nonostante l’aria di allora dicono fosse molto migliore di oggi. Sono felice per il collega fotografo, porterà a casa pacchi di immagini fantastiche, fra cui sarà veramente dura fare una scelta.

Esaurito con solerte leggerezza il quarto d’ora di riscaldamento al driving range, approfitto di un’inconsueta pausa tra le partenze per intrufolarmi, felice solitario, con qualche minuto di anticipo sul tee di partenza. A noi, Brut. Oppure, cin-cin, prosit, salute!

Capita a molti di noi golfisti itineranti di memorizzare alcuni colpi non per la bellezza ma per le conseguenze di un tiro fatto male. Quando in seguito si torna nel tal circolo per riprovare l’esperienza, è come se ci fosse una mano superiore che dirige l’orchestra del golf. Quel tiro finito a destra, o quel tuffo nel laghetto a sinistra col secondo colpo, ecco, quegli errori si ripeteranno esattamente identici. Nel mio caso, il rapporto conflittuale che ho con la 1 del Brut si palesa nei confronti di un subdolo armadietto dell’irrigazione, che si trova ben dentro il boschetto sulla destra, prima del dogleg. È totalmente fuori dal gioco, non è colpa sua; ma siccome sono un fabbricatore seriale di slice, ecco, io lo becco sempre. Anche stamattina, as usual, sparata con soddisfacente dignità la prima pallina ecco arrivare in risposta, una manciata di secondi dopo, la botta plastica-contro-plastica, che anche stavolta mi obbligherà ad andare a leggere da vicino la marca dell’impianto idrico…

Archiviato ciò che infine mi sono praticamente chiamato addosso, da lì in poi è tutta goduria. Le prime nove buche scivolano via con una costante: la bellezza, suggerita dal verde di alberature importanti e da frequenti canali e laghetti popolati da fauna e vegetazione acquatiche, che non possono sfuggire all’occhio attento del turista di golf.

Pendii non particolarmente faticosi aiutano spirito e allenamento, e regalano scorci affascinanti ora sulle colline circostanti, ora sul carosello di buche dei tre percorsi, che a gruppi si ripresentano alla vista man mano che si prosegue nel tragitto.

Il Brut è quindi promosso a pieni voti; si può ben immaginare come il giocatore, giunto alla nove, venga stimolato a fermarsi in clubhouse per un primo assaggio. Siamo a Corte Franca, circondati dai vigneti. Solo un astemio integralista può resistere alla tentazione. E né io né l’amico Mario lo siamo, per questo ci troviamo con tempi sincronizzati al bancone e ci concediamo un primo giro di bollicine. E perché no, pure un secondo!

In breve lui torna a scattare, io a passeggio. Avanti sul Satén, la 10 è una copia quasi speculare della 1, solo con un concetto diverso di acqua. Non un laghetto a lato ma un insidioso canale frontale. Gemello diverso dell’armadietto di prima, anche stavolta ci finisco dentro, confermando quanto sopra espresso. Sì, c’è sicuramente una regia in tutto questo.

Ma poco conta, il bello viene dopo. La buca dell’isola, bella e pericolosa come la sirena che chiamava Ulisse. Dalla partenza all’arrivo non c’è un centimetro di terraferma, solo lago. Quanti tuffi, ma non questa volta! Ormai sono grandicello, un ferro 9 ben tirato mi fa arrivare ai 110 metri del centro green e mi regala una bella soddisfazione. Andata!

Il giro prosegue spumeggiante, sotto ogni aspetto. Non potrebbe essere altrimenti, con la perfetta combinazione di ambiente e design del campo che ora diventa leggero, poi riprende a salire e scendere come su una giostra d’altro tempo. Finché arriva il gran finale, che regala la buca più difficile del percorso. Sì, perché lungo la 18 intuisci vagamente le forme aggraziate e discrete della clubhouse, immerse nella vegetazione, ti accorgi dalle gambe indurite che sei al termine del giro, ma poi realizzi che sei sulla hcp 1 e che il tuo arrivo non sarà per nulla agevole. Geniale combinazione, probabilmente casuale: la 9 è la hcp 18. La bella e la bestia, insomma, ma la semplicità dei numeri non riuscirà a scalfire ciò che il turista di golf apprezzerà maggiormente. Ovvero, che questo è un gran bel campo!

Il territorio: Franciacorta e Lago d’Iseo

Il lago di Iseo e la Franciacorta sono la porzione di provincia bresciana che più si avvicina all’idea di un turismo di fascia alta. Il bacino lacuale si presta parzialmente a frequentazioni vacanziere oppure di passeggio festivo, ma l’entroterra è marcatamente rivolto a una qualità del visitatore slegata dalla ricerca di momentaneo divertimento.

Bene hanno lavorato, in questo senso, le numerose cantine dove viene prodotto il mitico spumante. L’evoluzione da azienda agricola con produzione di vino a forme che si avvicinano più all’aspetto di lussuosi resort, ha creato un movimento di appassionati esigenti e costantemente alla ricerca della perfezione.

Ne giova quindi la qualità generale del territorio, degli operatori direttamente coinvolti e dell’indotto. Tutti infatti ne hanno compreso le potenzialità; il fatto che geograficamente la porzione interessata sia relativamente piccola aumenta la concentrazione di punti di interesse e la facilità di fruizione da parte dei visitatori.

Dal punto di vista naturalistico, due sono le tappe obbligate. L’oasi protetta denominata “Le Torbiere” e Montisola, raggiungibile con diverse soluzioni navali, dove si può rimanere una giornata a zonzo nelle minuscole frazioni e provare la cucina tipica a base di pesce di lago.

C’è molta storia, in Franciacorta. Numerosi sono ville e castelli di diverse epoche. Inoltre, se il tempo di permanenza in zona lo consente, a meno di un’ora di strada ci sono i parchi delle incisioni rupestri, patrimonio Unesco.

Avvicinandoci al nostro tempo, gli appassionati possono spostarsi di qualche chilometro, entrando nella parte bergamasca del lago di Iseo, per visitare il museo dei cantieri Riva, sul cui nome non servono spiegazioni.

Dedicando qualche giorno a questa terra, si può poi approfittare della sua vicinanza a Milano, oltre che ovviamente a Brescia e alle sue bellezze. Il golfista itinerante può inoltre sconfinare sul vicino lago di Garda per estendere l’esperienza di gioco, provando alcuni fra i migliori percorsi italiani, due dei quali già teatro di Open (Gardagolf e Chervo San Vigilio).

Roberto Van Heugten
Italy4golf Italian Ambassador
buonavita.me

Se volete provare le stesse emozioni di Roberto abbiamo preparato per voi questa Experience: Golf & Wine: una frizzante combinazione in Franciacorta

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